Sessanta anni di servizio! Una missione, un cammino, un traguardo. Cosa rifaresti e cosa, invece cambieresti?
Non cambierei niente, rifarei tutto quello che ho fatto, non ho nessun rimpianto. Sono stati anni, decenni, impegnativi certo, ma anche di studio, di lavoro costanti e vicinanza alle molte donne e giovani donne incontrate ed aiutate.
Questo lavoro è stato possibile solo grazie alla cooperazione e al lavoro fatto in comunione, come in un mosaico dove ogni tesserina trova il suo posto. Il dialogo è stato fondamentale: dialogo con il mondo religioso di tutti i credo, con quello laico, con gli operatorio del sociale, con gli esperti, con i politici, gli accademici, …, nazionali ed internazionali.
Non è stato faticoso mettere tutta la tua vita a servizio degli altri?
Quasi senza pensarci la risposta di Sr. Eugenia viene spontanea … Sai Francesca io sono in una casa bellissima, non mi manca niente e ci sono mie consorelle, medici, la famiglia, amici che si prendono cura di me e non mi lasciano mai sola. Quando penso a tutto questo mi sento in colpa, a disagio, in me nasce un senso di inquietudine, riflettendo soprattutto su quante donne e su quante ragazze sono sole, sulle strade, sui barconi aspettando di raggiungere l’Europa, nei luoghi in cui c’è la guerra o dove i loro diritti umani, quelli minimi, vengono calpestati, sfruttate, violentate usate e gettate. Questo perché è più facile donare e donarsi che ricevere. Donare al prossimo, alle nostre sorelle e ai nostri fratelli, ci migliora, ci arricchisce, ci rende completi e in comunione con il resto dell’umanità e con Dio.
Una religiosa in prima linea nella lotta al traffico di persone, in particolare di donne e ragazze. Come sei riuscita a fare ascoltare il messaggio sull’importanza dei diritti umani, della legalità, del rispetto della dignità propria ed altrui, della libertà, dell’uguaglianza anche a chi proprio non voleva sentire?
Da quando sono diventata Missionaria della Consolata sono entrata in contatto con altri mondi, altre culture. Ho imparato nuovi stili di vita. Ho vissuto con le donne in Kenya ed ho camminato sulle strade con le donne vittime della tratta e della prostituzione. Le ho ascoltate, ho asciugato le loro lacrime, ho pregato sulle loro tombe, ho gioito per i loro successi e per la loro emancipazione da situazioni difficili anche solo da pensare. Le donne sono diventate le mie maestre.
Ho dovuto aprire la mente e il cuore per dare voce a chi voce non aveva, non poteva parlare. Ho riportato quelli che erano i pensieri, i sentimenti, i bisogni, il grido di aiuto delle tante donne che incontravo e che affidavano a me la loro sofferenza e il loro bagaglio di violenza e soprusi.
È vero molte persone non volevano ascoltare, è difficile non voltare lo sguardo quando si racconta la crudezza delle esperienze che vivono durante i loro viaggi, quando vengono sfruttate. L’urgenza nel comunicare tutto questo però è sempre stata accolta da tutti coloro con cui mi sono messa in dialogo.
La verità è che sono stata un mezzo nelle mani del Signore.
La donna e la sua dignità: un concetto a te caro, per cui non sei mai scesa a compromessi e non hai mai smesso di spenderti. Proprio in questi giorni in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne tu festeggi i tuoi sessanta anni di servizio.
Essere donna a servizio di altre donne ha sempre ispirato il mio operato. Noi siamo figlie, sorelle, madri, amiche. Le donne racchiudono ciò che di più bello e unico esiste al mondo: dare la vita, dare la vita non solo biologicamente, ma intesa anche come capacità di ridare la vita, speranza, svelare una nuova prospettiva, essere prossime, curare le ferite delle tante sorelle in difficoltà.
La dignità della donna è un punto molto serio. Quando incontravo le donne sfruttate ed abusate, violentate e che si sentivano oggetti, il pensiero era per me inconcepibile, inaccettabile. Per questa ragione, con l’aiuto di altre religiose, le aiutavamo ad intraprendere un percorso di guarigione, di perdono, di accettazione di se stesse, di rinascita. Man mano riacquistavano la loro dignità, diventavano più belle, più felici, ricominciavano a sentirsi donne, a sorridere e a volersi ricostruire una vita che vedesse al centro loro come donne.
Quale messaggio vorresti dare a chi instancabilmente si batte affinchè la violenza contro le donne, la tratta di persone, la schiavitù sessuale e tutti gli altri sfruttamenti finiscano?
Il messaggio che voglio dare è quello di lavorare insieme, pensiamoci come un mosaico nel quale ogni tesserina trova il suo posto e senza la quale non si può raggiungere il risultato sperato. Bisogna mettersi in dialogo con tutte le parti in gioco: religiosi, laici, le chiese, enti governativi e del terzo settore, uomini e donne, giovani e adulti, mondo accademico, modo politico, a livello locale, fino ad arrivare a quello internazionale. Tutti devono condividere le idee, le strategie, le progettualità, i saperi, le reti, … per un lavoro comunie di contrasto al traffico allo sfruttamento ed alle violenze.