Si dice che le parole plasmano il mondo. Non sempre in meglio. Specie se sono parole infarcite di menzogna, di tornaconto, usate per scavare fossati e tenere a distanza i morsi della coscienza.
A chi verrebbe in mente di definire degli esseri umani «carico residuale»? Ci vorrebbe un Primo Levi per farsi spiegare cos’è un «carico residuale» fatto di carne umana, di anime ferite, di sguardi spersi, di famiglie separate: mamme e figli a terra, papà da rispedire ai mittenti da cui scappano. «Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico.
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Articolo di Nello Scavo – Avvenire